Noir con retrogusto horror
Credo che sia un caso piuttosto raro che una donna scriva un “noir”, genere per lo più appannaggio di uomini, anche perché la forza innata di questi tende a creare situazioni di non infrequente e notevole violenza.
Ed è ancor più difficile il caso che i due personaggi principali siano femminili, perché in fondo dal gentil sesso tutto è lecito aspettarsi tranne una furia cieca che è propria dei maschi.
Tuttavia, Ornella Fiorentini, con questo suo A bocca chiusa, è riuscita ad allestire un buon noir, basato più sulla tensione psicologica che sull’azione vera e propria, che comunque non manca.
Due donne completamente diverse, di estrazione sociale agli antipodi, dominano la scena, con gli uomini che fanno da comprimari, senza che con ciò l’autrice voglia rilanciare il predominio di un sesso, comunemente definito debole, sull’altro, ma su tutto emerge una visione distopica dell’attuale società, una tendenza al nichilismo da cui poi possono scaturire situazioni aberranti.
E’ una guerra sottile fra le due, di cui la più umile si porta dietro tare ereditarie che giustificano la sua ossessionante follia che è sempre manifesta, a differenza dell’altra che è affetta da sdoppiamento della personalità, insegnante integerrima di francese nel liceo locale, ma anche tenutaria di un bordello in cui pure si offre per prestazioni particolari. Anche quest’ultima ha avuto un’infanzia in cui le è stata da maestra la figlia di una donna di facili costumi, diventata poi pure lei proprietaria di una casa chiusa. E’ lo spirito di questa che aleggia in tutto il romanzo, quasi che, da morta, volesse reincarnarsi nella bella e rigida insegnante, la quale, infatuata dagli insegnamenti dell’infanzia, ha finito con elevarla a mito, un idolo a cui tende con tutte le sue forze.
Il romanzo, ambientato in una piccola cittadina piemontese, prende avvio con lentezza, come è anche giusto, e poi, pagina dopo pagina, cresce di velocità, fino ad arrivare, in un moto vorticoso, alla sua conclusione, con due superstiti, un bambino e uno studente, quasi un auspicio che il mondo possa cambiare solo grazie a chi si avvia alla vita. Tuttavia, il pessimismo di fondo non viene meno, così che nel ragazzo riappare l’ombra della professoressa di francese, un mito decaduto grazie alla scoperta della realtà, ma che comunque tende a riaffiorare, pronto a carpire anima e corpo, un destino in cui il male è sempre a portata di mano, mentre il bene deve essere cercato fra le mille insidie dell’esistenza.
Condotto con mano abile e ferma, con ambientazioni, atmosfere e descrizioni quasi magistrali, A bocca chiusa è un romanzo assai piacevole, la cui lettura è quindi più che consigliabile.
Renzo Montagnoli
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